Lo stato etico raggiunge la dimensione regionale
La proposta di legge regionale “Riforma e riqualificazione dei consultori familiari” presentata dalla consigliera Pdl Tarzia, è “stranamente” passata in sordina tra l’opinione pubblica laziale nonostante decostruisca i valori e gli obiettivi istituiti dalla legge nazionale in materia (405/1975).
La legge nazionale sui consultori ebbe una portata rivoluzionaria, in quanto affermò per la prima volta nel diritto pubblico la separazione tra riproduzione e sessualità femminile e di conseguenza l’autodeterminazione in materia sessuale e riproduttiva come valore fondante della legge stessa. I consultori furono sì caratterizzati dall’attributo “familiari”, ma in una visione individuale, e non più comunitaria, dell’istituzione familiare, definita da questo momento come “formazione sociale dove si svolge la personalità”.
Di tutto ciò nella proposta di legge non resta traccia ed il consultorio diventa il nesso tramite cui il pubblico potere trasmette i valori etici, di cui la famiglia è portatrice, ai singoli, in un’ottica più confessionale che sanitaria.
La famiglia diventa così l’istituzione sociale da assistere e sostenere e ciò è espresso sia dalla sua elevazione a “soggetto politico” fondato sul matrimonio, che garantisce i diritti inviolabili della persona , e quindi sovraordinato all’individuo, che dalla sua elevazione a destinatario del servizio stesso, nonché attraverso un esponenziale ampliamento delle competenze dei consultori -dal sostegno e promozione del matrimonio alla prevenzione dell’aborto, passando per l’assistenza agli anziani e la prevenzione delle crisi familiari-.
A completare l’attacco mortale alla laicità del servizio pubblico sanitario è la criminalizzazione dell’IVG (interruzione volontaria di gravidanza), che giunge quasi attesa dopo le ripetute critiche all’utilizzo della RU486 e l’aumento del numero dei medici obiettori di coscienza negli ospedali pubblici.
La procedura per l’IVG, infatti, è appesantita da una prima fase non di carattere medico-sanitario (ma piuttosto di indottrinamento) in cui associazioni private pro life e per la promozione della cultura familiare, consacrate a partner privilegiato della regione, mettono in discussione le problematiche all’origine della richiesta di IVG attraverso promesse di sostegno economico (-non sono riuscita a trovare la cifra- solo per le donne sotto la soglia di povertà), procedimenti vagamente intimidatori e violazioni della privacy. Le donne sopravvissute a tale procedimento avranno finalmente accesso all’iter disciplinato dalla legge 194/1978, sulla depenalizzazione dell’aborto, tramite un “consenso (o dissenso?) informato” dichiarato proprio alle suddette associazioni.
VOGLIAMO SERVIZI SANITARI PUBBLICI SENZA L’INTERVENTO DI PRIVATI,
SIA CHE ABBIANO FINI DI LUCRO CHE DI EVANGELIZZAZIONE!
SIAMO STUFE DEI GIUDIZI DIVALORE SUI NOSTRI CORPI!BLOCCHIAMO LA LEGGE TARZIA!
Collettivo Femminista Facinorosse